Mario Lodi…

MarioLodiMaestro

Ieri 2 marzo 2014, è morto il pedagogista e scrittore Mario Lodi all’età di 92 anni. Una persona capace, ma umile; saggia ma modesta; e soprattutto un maestro speciale che amava i bambini e gli studenti. Riporto alcuni testi scritti per l’occasione da chi lo conosceva bene; per altre info visitate il sito http://www.casadelleartiedelgioco.it/.


Ciao Mario.
Grazie dal profondo del cuore per il tuo esempio, l’umiltà, la profonda capacità di amare. Resterai per sempre il nostro grande Maestro.“Ciao, andate avanti”, ci hai detto. Lo faremo! E sarà un bellissimo impegno collettivo che ci unirà in una grande rete. Le tue parole ci indicano la strada da percorrere con forza e speranza. L’Italia ricomincia dai bambini e dalla tua memoria, perché senza buoni maestri e maestre ci sono solo futuri casuali. Vola felice nell’azzurro del cielo, insieme a tutti i tuoi Cipì!
Un grande abbraccio.”

Scritto dalla maestra Luciana Bertinato, del team dell’associazione “La casa delle arti e del gioco” fondata da Mario Lodi.


Con Mario Lodi, morto il 2 marzo 2014, se ne va un pezzo dell’Italia migliore. Il testimone di una scuola dove i bambini sono protagonisti del loro apprendimento, dove il metodo asseconda la loro voglia di scoperta e di esplorazione. Ho avuto l’onore di firmare con Mario Lodi il libro dell’editrice Sonda dedicato ai diritti dei bambini “Alice nel paese dei diritti”, proprio pochi mesi fa, nel novembre 2013, il suo ultimo libro pubblicato.

Maestro elementare, ha praticato durante tutta la sua esperienza professionale una scuola che ha restituito ai bambini la parola. Con i suoi alunni scrisse Cipì, un capolavoro assoluto della letteratura infantile tradotto in tutto il mondo. I suoi libri pedagogici degli anni ’60 e ’70 hanno formato due generazioni di maestri e maestre spingendo la Scuola Elementare italiana verso un’eccellenza riconosciuta specialmente per quanto attiene la creatività e l’integrazione delle differenze.

Tantissime le collaborazioni con il CPP e ancora prima direttamente con me. Lo chiamai nel 1986 ad Assisi per il Convegno CEM, Liberare l’educazione sommersa, insieme a Paolo Freire e tanti altri pedagogisti che stavano cambiando i codici educativi della scuola nel mondo. Poi tanti convegni dove ho potuto invitarlo grazie alla sua generosità: a Carpi nell’ambito dei progetti sulla memoria della Fondazione Fossoli, a Senigallia con la Scuola di Pace, a Piacenza con la Città dei Bambini, a Valenza per la Creatività infantile e tante tante altre occasioni. Senza dimenticare i suoi libri per la mia collana Partenze della Meridiana.

Mario Lodi è stato un grandissimo maestro ed educatore. Ci mancherà tantissimo. Come Direttore del CPP mi impegno a raccogliere i suoi numerosi scritti che hanno accompagnato la nostra lunga collaborazione.

A scuola, il confronto delle diverse esperienze in una struttura di base fondata sulla parità, permette a ognuno di crescere “differente” e allo stesso tempo “uguale”.

Ognuno sviluppa le sue possibilità e nessuno è più handicappato perché in una situazione dove la diversità è la norma non esiste una linea di demarcazione tra chi sa certe cose e chi non le sa.” (Mario Lodi, La scuola e i diritti del bambino, 1983, p.8)

Di Daniele Novara, pedagogista del Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti di Piacenza.


“Il  bambino impara giocando da quando nasce”, scriveva Mario Lodi, il maestro elementare, che ieri si è spento a 92 anni. “I suoi strumenti sono i sensi e la mente”, proseguiva introducendo, con molta semplicità, in una rivista per insegnanti, un bell’articolo di Luciana Bertinato sull’apprendimento di concetti scientifici nella scuola elementare. “Con i primi raccoglie i dati della realtà: i rumori, le forme, il tepore del seno materno, il sapore del latte, gli odori della casa, i colori, le voci. Con la mente confronta, riflette, ricorda. Conserva le sensazioni in ripostigli segreti dove possono restare per tutta la vita. Il suo metodo è corretto perché raccoglie dati, li confronta, li seleziona, formula ipotesi, le verifica, ricava sintesi. Restituiamo ai bambini la possibilità e il piacere di scoprire – giocando – concetti scientifici e abilità tecniche che li aiutino ad ampliare la loro cultura”.

La sua meta è indubbia: aiutare i bambini e le bambine a conquistare i concetti più astratti e potenti. La via però non è quella, ancora non scomparsa, di un insegnamento fondato sulla memorizzazione e ripetizione di formule. Una via migliore è passare ad apprendimenti attraverso il gioco, attraverso le “sensate esperienze” (diceva Galilei) e le conseguenti riflessioni  cui i giochi danno luogo, anche grazie a chi insegna. A chi sa sostituire il ripetere con una ricerca sempre nuova. E questo dovrebbe valere ben oltre la prima scuola.

Ho  incontrato la prima volta Mario Lodi nel 1967 a Urbino e nel 1968 a Pordenone per i seminari estivi del Movimento di Cooperazione Educativa. Ma come un babbeo non me n’ero accorto. Devo a Giorgio Pecorini il primo incontro consapevole con Lodi e con l’editore Luciano Manzuoli. Nel 1970 Pecorini curava una serie di trasmissioni televisive intitolate “Processo a…”. E come imputato scelse una volta i libri di testo. Si scatenarono discussioni infuocate.

Eravamo seduti in un emiciclo a gradinate. In alto, quasi in disparte, se ne stava Lodi. Non partecipava al trambusto e tuttavia seguiva con attenzione. Parlò poco, molto tranquillo. Non propose tesi. Senza enfasi raccontò che cosa faceva, come partiva con le sue allieve e i suoi allievi da ricerche in tante direzioni, coinvolgendo nella vita della classe di volta in volta altri che avessero più esperienze e conoscenze e costruendo con loro e con gli alunni i materiali scritti, i testi da ricordare e rimeditare. Non disse che quella fosse la via unica e più giusta, disse che a Vho di Piadena seguivano quella via, che era una via possibile e che a percorrerla si arricchivano di esperienze vive e di conoscenze vissute sia il  maestro sia gli alunni.

Una grande forza di Lodi è stata anche saper raccontare. Raccontare le cose concrete, precise, puntuali che ha fatto con le alunne e gli alunni nelle sue classi, dalla prima alla quinta, tante volte negli anni. Ci mostra una via. È questa la enorme forza dei suoi diari didattici e dei giornalini dei suoi alunni, dal Paese sbagliato a Il mondo. Ed è stata la forza dei libretti della “Biblioteca di lavoro” che ha pubblicato con Luciano Manzuoli, uno di quei gloriosi fallimenti che costellano la storia dei testi per la nostra scuola.

Talvolta qualcuno è riuscito a costringerlo a dichiararsi, a mettere in tavola le  carte del suo pensiero, dei principi cui si ispira nella sua pratica. Sono nati così due libri anch’essi preziosi: per Einaudi, Cominciare dal bambino (1977), e, per i Libri di base degli Editori Riuniti, Guida al mestiere di maestro (1982). Ma anche in questi Lodi affida il meglio delle sue idee a presentare casi concreti e procedimenti didattici. Anche se si costringe a rivelare tante sue fonti, Bruno Ciari, Santoni Rugiu, Piaget, Bruner, Vygotskij, Rodari, Freinet, le fonti maggiori restano da un lato un’acuta, attenta rilettura della nostra Costituzione e dall’altra l’osservazione e rendicontazione delle sue esperienze didattiche.
Da queste Lodi non ha mai voluto staccarsi. Dall’università, che pure gli ha dato qualche riconoscimento,  non  è mai stato tentato. Ha preferito, come quel personaggio della favola antica che era invincibile finché poggiava i piedi sul suolo, restare con i piedi sulla terra di Piadena. Quando è andato in pensione ha investito i suoi risparmi e un premio per trasformare una cascina in un grande, luminoso laboratorio didattico. Là l’ho visto l’ultima volta e là anzitutto il suo lavoro continua.

Tullio De Mauro ricorda Mario Lodi: “Addio al maestro che giocava” su Repubblica on line del 3 marzo 2014.

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