Capacità critica

Migliorando l’abilità nel ragionamento, il bambino è meno disponibile ad aderire a stereotipi o ad assoggettarsi a condizionamenti altrui.

Capacità critica e autonomia di opinione e di comportamento. Migliorando la sua abilità nel ragionamento, il bambino è meno disponibile ad aderire a stereotipi o ad assoggettarsi a condizionamenti altrui.

“[…] ognuno rielaborerà con modi e tempi diversi le idee e le esperienze su cui si è lavorato insieme[…] ognuno crescerà a suo modo, ma non crescerà da solo; si sa che a scuola la cultura si costruisce insieme ma che ognuno costruisce la propria: davanti a queste apparenti contraddizioni l’adulto può veramente scegliere il suo ruolo, e invece [che] fare l’insegnante «uguale per tutti», diventare il costruttore di contesti in cui ogni bambino può crescere e sviluppare la propria autonomia”.[1. N. MALDERA, Lavorare con i bambini, in F. ALFIERI, M. ARCA’ e P. GUIDONI, (a cura di), Il senso di fare scienze. Un esempio di mediazione tra cultura e scuola, Bollati Boringhieri, Torino, 1995, p. 453.]

“Le risposte degli adulti spesso distruggono la capacità del bambino di immaginare e arrestano anche il desiderio di esplorazione e di scoperta. […] Formulare ipotesi, non dare sempre risposte, ma sollecitare nel bambino la sua capacità di ragionamento e di giudizio”.[2. D. PENSO, L’arca di Noè, in MCE (a cura di), Le chiavi di vetro. Per una formazione scientifica di base, Nuova Italia, Firenze, 1994, p. 83.]

Questa didattica è molto impegnativa per l’insegnante, ma noi crediamo che non si possa ridurre l’educazione, in particolare nell’infanzia, ai soli aspetti ludico-fiabeschi per quanto siano necessari e imprescindibili. Gli alunni hanno bisogno di agire volentieri per qualcosa che sentono interessante. Imparano che la fatica che fanno (loro e gli educatori) verrà ripagata da nuove utili conoscenze condivise con i propri compagni. Sanno che sono a scuola per imparare e in questo si impegnano.

I bambini sanno che sono a scuola per imparare e in questo si impegnano.

“Ma è possibile che tutto questo debba a volte sfociare (nell’esperienza della scuola dell’infanzia, ma spesso anche nel primo ciclo […]) in una sistematica parodia, melensa e totalizzante, di folletti che mandano o ricevono doni o messaggi misteriosi, […] che, proprio in quanto tale, avrebbe bisogno di tempi e spazi netti di inserimento di breve durata e di stacco, e soprattutto di variazioni? Possibile che di questo tipo di droghe abbia bisogno la scuola, fin dal suo inizio, per sostenersi giorno per giorno in modo plausibile, senza preoccuparsi delle conseguenze? […] Fermo restando che fantasia, gioco e creatività divergente sono sacrosanti diritti dei bambini (anche degli adulti, se permettete) e formidabili strumenti di crescita e di identificazione: fin quanto e in quanto si insegna/impara a (auto- e co-) gestirli come tali, e non si contrabbanda come motivazione la passiva acquiescenza a comportamenti eterogestiti”.[3. P. GUIDONI, A scuola per imparare a capire, in F. ALFIERI, M. ARCÀ e P. GUIDONI (a cura di), I modi di fare scienza. Come programmare, gestire, verificare, Bollati Boringhieri, Torino, 2000, p. 587.]

Non vorremmo essere fraintesi: noi tutte amiamo le fiabe, il teatro, la magia. Ma non solo questi generi fanno parte delle attività scolastiche. C’è molto altro… Crediamo che il bambino, a contatto diretto con la natura, capisce l’importanza di quello che fa e di come lo fa; è molto più attento ai dettagli anziché al solo prodotto finale. È lui per primo desideroso di capire bene.“Nell’insegnamento, ma anche nell’attività di ricerca e nella utilizzazione concreta del sapere scientifico, le caratteristiche metodologiche non riguardano dunque solo procedure da eseguire, ma coinvolgono profondamente l’imparare a capire e ad operare di ogni persona”.[4. M. ARCÀ, La cultura scientifica a scuola. Percorsi nell’insegnamento della fisica e della biologia, FrancoAngeli, Milano, 1993, p. 119.]

Credo, tuttavia, che l’insegnante debba fare molta attenzione ai contenuti dell’apprendimento, i quali dovrebbero essere giustamente rapportati alla maturazione dell’alunno con cui si opera. “Le attitudini conoscitive e le esigenze esplorative del bambino chiedono di essere valorizzate e soddisfatte convenientemente, badando tuttavia ad evitare anticipazionismi e precocismi di ogni tipo”.[5. S. ANGORI, Quale educazione educazione scientifica nella scuola del bambino, Bulzoni, Roma, 1993, p. 84.] Lavorare sulla tavola degli elementi (chimica) alla scuola dell’infanzia, per esempio, non sortisce apprendimento, ma una perdita di tempo per tutti i bambini.

Siamo qui per indagare insieme e per scoprire insieme le risposte, senza darle preconfezionate ancora prima che gli alunni pongano le domande.

Avrò senza’altro dimenticato qualcosa, ma la mia intenzione era di far capire la ricchezza e lo spessore di significati e di buone pratiche che il pensiero scientifico può destare nel bambino. Sono pratiche che vengono lentamente apprese e diventano strumenti intellettuali a disposizione del discente che li adotterà nelle sue esperienze. Con questi atteggiamenti, io credo che, tanto l’alunno quanto il gruppo cresceranno con la consapevolezza condivisa che si è lì per indagare insieme e per scoprire insieme le risposte, senza averle già preconfezionate ancora prima di porre le domande.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.