Linguaggio verbale

Volendo accennare allo sviluppo dei bambini, non posso dimenticare un concetto al quale non avevo mai pensato finora e che, forse, dovrebbe far riflettere sulle conoscenze scientifiche raggiunge in questo campo. Sappiamo quanto lo sviluppo di un bambino sia condizionato o favorito anche dal contesto socioculturale in cui cresce: pertanto bambini africani probabilmente avranno uno sviluppo diverso rispetto a bambini norvegesi. Afferma Angelica Arace:

Lo sviluppo di un bambino è condizionato o favorito anche dal contesto socioculturale in cui cresce

“La dimensione culturale dello sviluppo è stata in realtà a lungo trascurata dalla psicologia dello sviluppo: Le Vine e New affermano in un loro recente lavoro che lo studio dello sviluppo infantile si è limitato ai bambini del Nord America, dell’Europa e di altri paesi occidentali, i quali rappresentano meno del 10% della popolazione infantile mondiale. Questo significa che si è finito per dare per scontato che i modelli di sviluppo studiati dai ricercatori europei e americani siano universali, quando invece la maggioranza dei bambini vive in condizioni radicalmente diverse da quelle che sono a noi familiari, differenze che possono essere significative ai fini dello sviluppo e della nostra comprensione di esso”.[1. A. ARACE, Psicologia della prima infanzia, Mondadori Education, Milano, 2010, p. 3.]

Alla luce di questa considerazione, credo sia corretto ritenere validi i dati conosciuti sullo sviluppo infantile, ma allo stesso tempo, essere aperti a tempi di sviluppo più elastici e a modi diversi nel manifestarsi delle diverse acquisizioni.

Meglio essere aperti a tempi di sviluppo più elastici e a modi diversi nel manifestarsi delle diverse acquisizioni.

Nel corso del triennio della scuola dell’infanzia, miglioreranno le funzioni di analisi e di sintesi. Quest’ultime sono particolarmente importanti nelle attività scientifiche. Nell’analisi, i bambini attribuiscono inizialmente un nome di significato intermedio e successivamente, con l’arricchimento del loro vocabolario, imparano nomi più specifici ad esso legati. Ad esempio, apprendono la parola nuova “cane” e solo in un secondo tempo la collegano a “bassotto”, “volpino” e “lupo”. La sintesi, invece, si perfezionerà con l’acquisizione del pensiero reversibile verso la fine della scuola, quando il bambino riuscirà a individuare le qualità più sommerse degli oggetti, ma altrettanto importanti per la classificazione. Sino ad allora, la sintesi riguarderà solo gli aspetti più vistosi delle cose.

Il bambino dovrà fare i conti con il suo atteggiamento egocentrico

Infine, per quanto riguarda la funzione comunicativa, il periodo in questione sarà utile al bambino per imparare a rispettare i turni in una discussione, a capire quando può chiedere la parola oppure quando ascoltare l’interlocutore senza interromperlo. Gradualmente si renderà conto che ci sono tante cose importanti da valutare nel trasmettere un messaggio o nel riceverlo. In questa coscientizzazione, tuttavia, dovrà fare i conti con il suo atteggiamento egocentrico, che ostacolerà in vario modo il rapporto comunicativo. In un bimbo di tre o quattro anni, infatti, è manifesto sia un egocentrismo del parlante sia un egocentrismo dell’ascoltatore. Nel primo caso, il bambino è inconsapevolmente convinto che la persona a cui invia il messaggio conosca già il contesto di cui parla mentre, nel secondo caso, quando riceve un messaggio egli stesso è certo di aver capito tutto ciò che c’era da capire. È dunque utile ricordare che quando un bambino conferma di aver capito tutto non è detto che ciò corrisponda ad effettiva comprensione.

Per favorire nell’educando l’apprendimento di parole nuove e del loro corretto significato, forse è utile conoscere i tre modi in cui avviene il collegamento tra la parola e il suo significante (simbolo). Il primo è l’ostensione, cioè il suono della parola e il suo significato vengono presentati contemporaneamente; in questo caso è utile aiutare la comprensione con una semplice animazione che enfatizzi il significato del termine nuovo. Il secondo modo è la definizione, in cui partendo da elementi conosciuti si costruisce il significato del termine nuovo, ma è un collegamento più difficile in quanto è essenzialmente verbale.

Nella terza modalità, il bambino dovrebbe ricavare il significato partendo dal contesto linguistico. Quest’ultima è la più difficile da praticare a questa età, perché è necessario avere maturato la capacità di pensare più cose per volta. Abbiamo visto che il pensiero reversibile ed operatorio si completa alla fine del primo ciclo della scuola primaria.[1. ivi, p. 136.]

Alla luce di quanto scritto, trovo importante una puntualizzazione di Guido Petter, in cui l’autore sostiene che le considerazioni dei bambini si manifestano in risposta a domande e cioè a un livello di pensiero verbale. Questo non assicura che esse coincidano con il suo patrimonio di conoscenze. Un bambino non ha sempre coscienza di ciò che pensa e a questa età fatica a spiegarlo chiaramente; quindi, potrebbe accadere che le sue convinzioni siano ad un livello superiore. “Può dunque accadere, nel caso delle spiegazioni verbali date da un bambino […], che queste ultime siano in ritardo rispetto alle capacità e alle convinzioni che egli possiede, riflettano un livello che egli in realtà ha già superato”.[3. G. PETTER, Psicologia e scuola dell’infanzia, Giunti, Firenze, 1997, p. 117.]

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